Iraq: siete tutti fratelli

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schedule 21 May 2022 - 10 Sep 2024  |  attribution BARIONA

YOU ARE ALL BROTHERS

HÛN HEMÛ BIRÊN IN

هەمووتان براین

أنتم جميعًا إخوة

L’imponente cittadella di Erbil. Abitata in modo continuativo da almeno seimila anni e situata al margine tra l’impero romano e quello persiano, Erbil, conosciuta nell’antichità classica come Arbela, sviluppò una società eterogenea dove eserciti e carovane transitavano insieme a vecchie e nuove dottrine religiose fra cui ebraismo, zoroastrismo, sette gnostiche, manicheismo e soprattutto cristianesimo, di cui Arbela fu tra i maggiori poli di diffusione verso oriente. La cittadella è stata inserita dall’UNESCO tra i siti Patrimonio dell’Umanità nel giugno 2014.

SIETE TUTTI FRATELLI è un progetto che nasce da un reportage nella Regione del Kurdistan nei giorni della visita di Papa Francesco e che, attraverso un filmato e una mostra fotografica, vuole ragionare sulle cause che per decenni hanno portato terribili sofferenze a un intero popolo.

Erbil, 7 marzo 2021. Papa Francesco prega di fronte alla Madonna di Karemlash, decapitata e mutilata dagli estremisti di Daesh.

Il 6 agosto del 2014 le milizie dell’autoproclamato Stato Islamico invasero la Piana di Ninive costringendo a fuggire in una sola notte 120 mila persone. La cattedrale di Qaraqosh fu profanata e bruciata, le statue decapitate, i libri sacri buttati al rogo nel cortile e il coro usato come poligono da tiro.

Nulla si salvò dalla furia dell’IS: cristiani, yazidi, turcomanni e persino musulmani furono uccisi o costretti alla fuga.

Tuttavia l’esodo di profughi iniziò ben prima dell’autoproclamazione dello Stato Islamico nel 2014: prima della seconda invasione americana (Iraqi Freedom, 2003) i soli cristiani iracheni erano un milione e mezzo. Oggi sono meno di 300 mila.

Il 22 settembre 1980 Saddam Hussein attaccò di sorpresa l’Iran. Nella guerra risultante, terminata nell’agosto del 1988, l’Iraq venne sostenuto dai blocchi occidentale, sovietico e arabo. L’Iran venne sostenuto invece da Israele (operazione Seashell) e, segretamente, dagli stessi USA (per finanziare in nero i Contras anti-sandinisti, scandalo Irangate). Nel complesso il conflitto causò la morte di oltre un milione di persone e la fuga di altrettanti profughi.

Nel corso del conflitto 5 mila villaggi e decine di città curde furono rase al suolo dal regime Baathista nella campagna al-Anfal condotta da Saddam Hussein per cancellare i curdi dal proprio territorio. Duecentomila curdi furono uccisi e un milione e mezzo cercarono riparo in Iran e Turchia o furono deportati.

Tra gli episodi più terribili vi furono gli attacchi con armi chimiche di Halabja del 16 e 17 marzo 1988, durante il quale morirono 12 mila civili, seguiti dalla distruzione chimica della regione del Badinan.

Le armi chimiche utilizzate erano state prodotte dagli USA, assemblate in Europa e vendute da Italia, Francia e Belgio. Parte di quelle armi fu ritrovata nei pressi di Baghdad e usata dall’IS contro i civili curdi a Kobane, in Siria nel 2014, e a Gwer e Maxmur in Iraq nel 2015.

Erbil, 7 marzo 2021. Uomini curdi indossano il choka, il loro abito tradizionale, e il jamadani del clan Barzani.

Il 2 agosto 1990 l’esercito iracheno invase il Kuwait. Il 17 gennaio 1991 una vasta coalizione capeggiata dagli USA e supportata dalla risoluzione 678 del Consiglio di Sicurezza ONU iniziò le operazioni belliche per liberare il Kuwait, terminate il 28 febbraio.

Nonostante il mandato ONU non autorizzasse esplicitamente l’attacco nel territorio iracheno i molteplici bombardamenti su Baghdad causarono fino a 100 mila morti civili. L’uso di uranio impoverito nelle munizioni causò gravi problemi di salute alla popolazione e ai soldati angloamericani, i cui figli presenteranno difetti congeniti mai riscontrati prima di allora.

Nel dopoguerra l’instaurazione della no-fly-zone a nord dell’Iraq portò alla formazione della Regione Autonoma del Kurdistan, mentre a sud le sanzioni economiche imposte al regime di Saddam Hussein (definite «genocide» da alcuni rappresentanti ONU) strangolarono la popolazione irachena: in un territorio privato di energia elettrica, depurazione delle acque e strutture fognarie dai feroci bombardamenti occidentali la mortalità infantile era triplicata, le epidemie di tifo e colera erano abituali e i livelli di alfabetizzazione crollarono.

A poco servì il programma oil-for-food delle Nazioni Unite: uno schema corruttivo tra alcuni funzionari ONU e il governo iracheno generò 10 miliardi di dollari in proventi illeciti e portò all’incriminazione di diversi dirigenti di USA, UK e Francia.

Il 28 febbraio 1991 nacque l'associazione “Un ponte per Baghdad” (oggi “Un ponte per”) che il 4 dicembre 1992 organizzò il grande concerto di Franco Battiato nel Teatro Nazionale Iracheno di Baghdad a sostegno dell'ospedale di Bassora.

Complessivamente la prima guerra del Golfo e le sue conseguenze produssero 1.500.000 profughi.

Erbil, 10 marzo 2021. Un uomo ripara un vecchio forno nel campo rifugiati di Qushtapa.

Dal 20 marzo 2003 al dicembre 2011 l’Iraq fu nuovamente invaso da una coalizione guidata dagli USA, questa volta con l'opposizione di Francia, Germania, Russia e Cina.

Le ragioni dell’attacco addotte da Dick Cheney (USA) e Tony Blair (UK) erano costituite principalmente da prove che l’Iraq stava costituendo un arsenale di armi di distruzione di massa e che vi era un legame tra Iraq e al-Qaida, prove costruite manipolando le informazioni da parte dei servizi d’intelligence rivelatesi successivamente infondate e dichiarate apertamente “un pretesto per attaccare” da Paul Wolfowitz, ideatore della dottrina della guerra preventiva adottata da Bush Jr.

Le truppe della coalizione si macchiarono di orribili delitti, tra i quali le torture e gli omicidi nelle prigioni di Bagram e Abu Ghraib, la campagna di Falluja, la strage di Haditha e l'assassinio di civili (tra i quali 2 giornalisti dell'agenzia Reuters) in un attacco aereo reso pubblico nel video “Collateral Murder” dall'organizzazione WikiLeaks del giornalista Julian Assange.

L’invasione portò complessivamente a circa 600 mila morti civili, 5 milioni di sfollati, la disgregazione dello Stato e dell’esercito iracheni, lo scatenarsi della guerra civile e, da ultimo, la creazione delle condizioni per la costituzione dell'autoproclamato Stato Islamico.

Erbil, 6 marzo 2021. Le mani della Madonna di Karemlash riparate dopo la vandalizzazione da parte delle milizie dell’autoproclamato Stato Islamico. La scultura religiosa era esposta da generazioni nella chiesa di Sant’Addai, a Karemlash, uno dei villaggi della piana di Ninive. Dopo il ritrovamento le parti della statua furono portate a Erbil e restaurate da Malik Kadifa, discendente di un’antica famiglia armena vittima del genocidio turco.

In seguito all’invasione dell’Iraq l’offensiva contro le forze della coalizione da parte di gruppi ribelli salafiti crebbe fino a quando, nel 2006, diverse fusioni tra queste fazioni costituirono lo Stato Islamico dell’Iraq. La violenza degli attacchi del gruppo contro i civili portò però alla perdita di sostegno della popolazione.

A partire dal 2012, il neo-comandante Abu Bakr al-Baghdadi affidò diversi incarichi agli ex-ufficiali dei servizi segreti di Saddam Hussein delusi dal ridimensionamento del potere della minoranza sunnita in Iraq. Al-Baghdadi iniziò a reclutare decine di migliaia di miliziani dell’esercito siriano libero e il 29 giugno 2014 proclamò la restaurazione del califfato con capitale Mosul in un vasto territorio tra Siria e Iraq.

Centinaia di migliaia tra cristiani, yazidi, turcomanni e musulmani furono costretti alla fuga verso la Regione Autonoma del Kurdistan. Decine di migliaia di persone morirono durante il cammino o vennero trucidate sul posto.

Contro il sedicente Stato Islamico combatterono unità di PKK (Partito dei Lavoratori del Kurdistan turco), YPG (Unità di Protezione Popolare del Kurdistan siriano), YPJ (Unità di Protezione delle Donne del Kurdistan siriano), USA, Peshmerga (esercito del Kurdistan iracheno), milizie yazide, filo-iraniane ed esercito iracheno. Le forze irachene ripresero il controllo di Mosul il 9 luglio 2017 e di tutto il territorio iracheno il 9 dicembre. Gli sfollati superarono i 6 milioni.

Khabat, 10 marzo 2021. Ingresso del campo rifugiati di Kawergosk nella Regione Autonoma del Kurdistan. Situato nei pressi di Khabat, a 40 km da Erbil, Kawergosk è stato aperto nell'agosto del 2013 e ospita circa 14 mila rifugiati provenienti principalmente da Qamishli in Siria.

Decenni di dittature, invasioni e guerre civili hanno reso l’Iraq uno dei Paesi con il maggior numero di profughi al mondo. In aggiunta, recentemente, il governo iracheno ha deciso di chiudere tutti i campi, costringendo gli sfollati interni a tornare nelle loro terre spesso rase al suolo dall’IS. Il Governo Regionale del Kurdistan ha però mantenuto aperte tutte le strutture di accoglienza che, al momento, ospitano 130 mila sfollati e 100 mila rifugiati, per la maggior parte siriani.

Il Governo di Erdogan continua a compiere attacchi aerei addentrandosi per centinaia di chilometri nella Regione Autonoma del Kurdistan e colpendo zone già attaccate dall’IS come Shengal, aree di confine come i monti Zagros o il governatorato di Sulaymaniyah e campi profughi come Maxmur, nel quale vivono ancora 15 mila rifugiati curdi fuggiti dalla persecuzione turca degli anni ’90.

A tutto ciò bisogna aggiungere i danni prodotti dalla crisi climatica: migliaia di persone che ogni anno devono lasciare la propria terra a causa delle piogge torrenziali al nord dell'Iraq e della riduzione di terre coltivabili a sud. Il completo controllo delle risorse idriche (Tigri ed Eufrate) da parte della Turchia come arma di ricatto ha, dal 2019, più che dimezzato l'acqua che si riversa in Siria e Iraq.

La mostra si è tenuta nei giorni 21-23 ottobre 2021 durante la 3ª EDIZIONE DEL FESTIVAL DELLA NONVIOLENZA presso il Centro Studi Sereno Regis di Torino.

Si ringraziano: il Centro Studi Sereno Regis di Torino, i compagni di viaggio Adriana Fara e Stefano Stranges, la giornalista Laura Schrader e le organizzazioni FOCSIV e International Help per il supporto logistico.

Galleria

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Erbil, 5 marzo 2021. Uno striscione di benvenuto accoglie Papa Francesco nel quartiere di Ankawa. Erbil, 5 marzo 2021. Un fedele cristiano posa nella sua casa all’interno del quartiere di Ankawa. Erbil, 5 marzo 2021. Giovani provano i cori di benvenuto per il viaggio apostolico di Papa Francesco all’interno della chiesa caldea di S. Pietro e Paolo nel quartiere di Ankawa. Erbil, 6 marzo 2021. Prove del coro nello stadio Franso Hariri il giorno precedente la celebrazione della messa da parte di Papa Francesco. Erbil, 6 marzo 2021. Le mani della Madonna di Karemlash riparate dopo la vandalizzazione da parte delle milizie dell’autoproclamato Stato Islamico. La scultura religiosa era esposta da generazioni nella chiesa di Sant’Addai, a Karemlash, uno dei villaggi della piana di Ninive. Dopo il ritrovamento le parti della statua furono portate a Erbil e restaurate da Malik Kadifa, discendente di un’antica famiglia armena vittima del genocidio turco. Erbil, 6 marzo 2021. Il busto della Madonna di Karemlash riparato dopo la vandalizzazione da parte delle milizie dell’autoproclamato Stato Islamico. La scultura religiosa era esposta da generazioni nella chiesa di Sant’Addai, a Karemlash, uno dei villaggi della piana di Ninive. Dopo il ritrovamento le parti della statua furono portate a Erbil e restaurate da Malik Kadifa, discendente di un’antica famiglia armena vittima del genocidio turco. Erbil, 7 marzo 2021. Fedeli celebrano la visita di Papa Francesco prima della messa allo stadio Franso Hariri. Erbil, 7 marzo 2021. Un uomo del popolo Hawrami indossa il Kolabal, tradizionale giacca di feltro con le spalle appuntite. Erbil, 7 marzo 2021. Uomini curdi indossano il choka, il loro abito tradizionale, e il jamadani del clan Barzani. Erbil, 7 marzo 2021. Papa Francesco all’arrivo all’aeroporto di Erbil. Erbil, 7 marzo 2021. Papa Francesco (al centro) viene accolto all’aeroporto di Erbil dal Primo Ministro Masrour Barzani (a sinistra) e dal Presidente Nechirvan Barzani (a destra). Erbil, 7 marzo 2021. Papa Francesco prega di fronte alla Madonna di Karemlash, decapitata e mutilata dagli estremisti di Daesh. Erbil, 7 marzo 2021. Una fedele cristiana prega durante la messa celebrata da Papa Francesco allo stadio Franso Hariri. Erbil, 7 marzo 2021. Volontari celebrano la visita di Papa Francesco dopo la messa allo stadio Franso Hariri. L’imponente cittadella di Erbil. Abitata in modo continuativo da almeno seimila anni e situata al margine tra l’impero romano e quello persiano, Erbil, conosciuta nell’antichità classica come Arbela, sviluppò una società eterogenea dove eserciti e carovane transitavano insieme a vecchie e nuove dottrine religiose fra cui ebraismo, zoroastrismo, sette gnostiche, manicheismo e soprattutto cristianesimo, di cui Arbela fu tra i maggiori poli di diffusione verso oriente. La cittadella è stata inserita dall’UNESCO tra i siti Patrimonio dell’Umanità nel giugno 2014. Erbil, 9 marzo 2021. Fatima, fuggita nel 2014 da Qamishli, Siria, posa all’interno del suo negozio nel campo rifugiati di Qushtapa. Erbil, 9 marzo 2021. Una donna fa provvista di frutta e verdura in un piccolo negozio nel campo rifugiati di Qushtapa. Erbil, 10 marzo 2021. Una ragazza lava il cortile della sua abitazione all’interno del campo rifugiati di Qushtapa. Erbil, 10 marzo 2021. Un uomo ripara un vecchio forno nel campo rifugiati di Qushtapa. Erbil, 10 marzo 2021. Una donna fa un prelievo di sangue capillare nel laboratorio di analisi cliniche del campo rifugiati di Qushtapa. Erbil, 10 marzo 2021. Sara, tecnica di laboratorio del campo rifugiati di Qushtapa, si appresta ad analizzare dei campioni vestita nel suo abito tradizionale durante la Giornata dell’abbigliamento curdo. Erbil, 10 marzo 2021. Selma, infermiera siriana del campo rifugiati di Qushtapa, vestita nel suo abito tradizionale durante la Giornata dell’abbigliamento curdo. Erbil, 10 marzo 2021. Handren, impiegata siriana del campo rifugiati di Qushtapa, vestita nel suo abito tradizionale durante la Giornata dell’abbigliamento curdo. Erbil, 10 marzo 2021. Bambini giocano a calcio all’interno del campo rifugiati di Qushtapa. Erbil, 10 marzo 2021. Aisha, insegnante siriana del campo rifugiati di Qushtapa, vestita nel suo abito tradizionale durante la Giornata dell’abbigliamento curdo. Erbil, 10 marzo 2021. Tre ragazze indossano vestiti tradizionali durante la Giornata dell’abbigliamento curdo nel campo rifugiati di Qushtapa. Erbil, 10 marzo 2021. Un allievo della scuola primaria del campo rifugiati di Qushtapa indossa il jamadani tradizionale durante la Giornata dell’abbigliamento curdo. Erbil, 10 marzo 2021. Bambini giocano con un aquilone all’interno del campo rifugiati di Qushtapa. Khabat, 10 marzo 2021. Ingresso del campo rifugiati di Kawergosk nella Regione Autonoma del Kurdistan. Situato nei pressi di Khabat, a 40 km da Erbil, Kawergosk è stato aperto nell'agosto del 2013 e ospita circa 14 mila rifugiati provenienti principalmente da Qamishli in Siria. Erbil, 12 marzo 2021. Un padre con i suoi tre figli racconta la sua fuga da Daesh nella sua casa del campo sfollati di Baharka. Erbil, 12 marzo 2021. Abid, aiutante medico posa nel suo ambulatorio del campo sfollati di Baharka. Erbil, 12 marzo 2021. Una bambina cammina davanti a teloni pubblicitari in una strada del campo sfollati di Baharka. Erbil, 12 marzo 2021. Un disabile in carrozzina costretto a spostarsi per le strade rese fangose per la pioggia del campo sfollati di Baharka. Erbil, 12 marzo 2021. Un bambino pedala sulla sua bicicletta in una strada del campo sfollati di Baharka. Erbil, 12 marzo 2021. Un bambino in una strada del campo sfollati di Baharka.